Il mio problema con Palworld

Il mio problema con Palworld

Da leggere con calma please

Provo a chiarire meglio il discorso affrontato in questo thread.

Palworld è divertente, se non ti piace non giocarlo!

Partiamo col dire che la natura di Palworld non sarà il punto del mio post.

Non mi interessa parlare di AI o ipotetiche accuse di plagio (qui e altrove se ne parla nel dettaglio, ma sarà un tema aperto per parecchio tempo credo).

Non mi importa manco fare un ragionamento su violenza, schiavitù eccetera eccetera:

nei videogiochi ho fatto le peggio porcherie nel corso degli anni, quindi non sono certo qui per fare reprimende morali.

Dirò di più: avendolo brevemente provato sono pure convinto che, non mi annoiassi un sacco nelle dinamiche survival da giochi online, potrei pure trovarlo divertente.

E allora?

Partiamo dalle parole dal CEO di Pocketpair, Takuro Mizobe:

I have a deep-rooted desire for my work to be enjoyed by as many people as possible, and to that end, if there are good ideas in the world, I pick them up, and I don’t necessarily have to be particular about originality. I’m thinking about it. I want to make it more casually. I think it would be a good idea to create things in a way that just jumps on what is trendy (lol). [1]

E infatti Palworld è un prodotto costruito a tavolino mettendo assieme ingredienti che funzionano in modo efficente e performante in modo da incontrare il più grosso bacino di acquirenti possibile.

E fin qui, non ci sarebbe nulla di troppo diverso dal classico gioco online asiatico (Ragnarok, Mabinogi eccetera) o un clone di Ark...non fosse ovviamente per l'aspetto Pokémon, che è poi quello che lo ha reso sorprendentemente virale:

anche qui, veri e propri cloni di Pokémon non sono mai mancati (Cassette Beasts, Coromon, Temtem...) ed è comprensibile visto che gli ultimi titoli di GameFreak hanno suscitato scarso entusiasmo e la saga originale sembra aver perso smalto.

E, per quanto sia superfluo evidenziarlo, il fatto che Pokémon sia un'esclusiva Nintendo rende la domanda su altre piattaforme ancora più forte.

Ok, quindi Palworld ha giocato bene le proprie carte, no?

Altroché!

Ha praticamente rotto il mercato, raggiungendo cifre assurde (più di 7 milioni di giocatori in cinque giorni), senza contare il discorso GamePass e la classifica dei videogame online più giocati di Steam.

Magari la bolla esploderà presto, ma per ora parliamo di un fenomeno tanto importante che ne hanno parlato pure Forbes e il New York Times.

E qui arriviamo al mio punto, che sintetizzavo qui con un esempio cinematografico:

Capisco bene il tweet al vetriolo (ma manco tanto suvvia) di Sam Barlow, riportato un po' a caso nel web spacciandolo come gran visir di tutti i rosiconi dell'industria.

Un medium da prendere sul serio

Ho scritto in tutti i modi e tutti i laghi quanto uno dei problemi comunicativi del videogioco sia legato al pregiudizio che i mass media tendono a nutrire nei suoi confronti, pure se è argomento studiato nelle università di tutto il mondo (nonché principale industria d'intrattenimento sul mercato).

Ma mi rendo conto che è difficile prendere sul serio il medium quando una chimera indie creata in modo tanto furbesco riesce a sbaragliare i numeri dei vari Baldur's Gate III, Elden Ring o quello che vi pare.

Indie

Se ci pensate, è un po' l'opposto di quello che succede in altri settori dell'intrattenimento dove di solito le produzioni indipendenti riescono a sconvolgere il mercato grazie a una particolare cifra artistica, diversa da quella proposta dai colossi mainstream.

Stando ad Hollywood, potremmo citare i vari Le Iene, Memento, Mean Streets eccetera che nacquero come "produzioni indie" tanto potenti da sconvolgere la propria industria di riferimento portando i rispettivi registri dentro il mainstream.

Stessa cosa con la musica e quanto è successo con punk, grunge, rap e una sfilza di altri generi parecchio lontani dalle radio che però, partendo dal basso, hanno saputo ridefinire il mercato che da lì in poi non ha più potuto prescindere da loro.

E perché coi videogiochi sarebbe diverso?

Ci sono diversi esempi "nobili" anche nel videogame, intendiamoci:

Undertale, Hollow Knight, Vampire Survivors, Disco Elysium, Paper Please, Demon Souls...

eppure, sebbene l'influenza di un titolo sia misurabile solo sul lungo periodo, quello strambo Frankestein di Palworld ha raggiunto cifre gargantuesche in meno di una settimana.

È il mercato, bellezza.

Vero, e il mio problema sta proprio lì.

Se il mondo gamer vira così prepotentemente in queste direzioni, capisco di avere più di un problema con lui e che forse il lato "artistico" del videogame non potrà mai davvero fiorire come avrei potuto sperare in passato.

D'altronde, forse aveva già detto tutto il solito Hideo Kojima nello scorso decennio.

Venticinque anni fa, ho iniziato ad aggiungere una “storia” e un “messaggio” ai videogiochi, anche se veniva considerato inutile. E oggi, con la sempre crescente popolarità dei social game, il dare profondità ai giochi è una tendenza che va scomparendo. [2]

Conclusione

Chissà, forse sono troppo pessimista.

Specifico che un videogioco per me può essere definito tale per la propria componente ludica, quindi il discorso artistico non è che debba essere necessariamente riferito ad elementi narrativi o altro (basti pensare a Super Mario), ma a come viene concepito e sviluppato.

Thread


  1. PCGamesn riportando un'intervista di Wired Japan. ↩︎

  2. Articolo del 2012 (Kojima si riferisce al 1987, anno del primo Metal Gear) riportato nel libro Il gene del talento e i miei adorabili meme, 451. ↩︎

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