Immortality - Recensione del videogioco di Sam Barlow

Immortality - Recensione del videogioco di Sam Barlow

Straordinario e sorprendentemente nuovo nella sua essenzialità.

Straordinario e sorprendentemente "nuovo" nella sua essenzialità.

Coincidenza volle che io abbia appena finito di leggere Il Monaco di Lewis (è un libro bellissimo che porta egregiamente i suoi più di 200 anni, consigliato a tutti i fan del gotico) perciò mi sono ritrovato con un passe-partout privilegiato per entrare in questo nuovo, splendido figlio di Sam Barlow.

Ma cos'è Immortality? Un videogioco, un film, entrambe le cose? Mi imbarazza un po' citarmi, ma ho appena scritto un saggio dove evidenzio un'ovvietà forse troppo sottovalutata:

quando diciamo videogame è come se stessimo ragionando genericamente di “cibo”, considerando allo stesso tempo un insieme che in realtà include elementi tra loro differenti come melanzane, tofu o tiramisù. Analogamente, quando parliamo dell’insieme "videogioco" possiamo intendere opere d’arte, e-sport, semplici passatempi ma anche veri e propri giochi d’azzardo.

Da Giochi Troppo!

Direi senza dubbio che Immortality rientra ampiamente nella categoria delle opere d'arte, un esempio di potente crossmedialità che sfrutta alla grande recitazione, sceneggiatura, fotografia e partecipazione del giocatore.

Lo spettro di Kubrick è lì che ci guarda sornione, mentre attraversiamo vent'anni di cinema con una resa portentosa di fotografia, trucco e parrucco dei rispettivi decenni mostrati.

Lo so: in molti a leggermi penserete "ma quante pippe..." (non intendendo la meravigliosa Manon Gage eh) e avete assolutamente ragione, però se non avete un minimo di delirio ad aleggiare nel vostro cranio dubito che questo gioco possa fare per voi.

E ci sta tutto:

se siete fan di Barlow, potete comprarlo a scatola chiusa. Altrimenti forse una capatina su Her Story e Silent Hill: Shattered Memories (che è tutt'altra pasta, ma ha la sua mano dietro) potrebbe aiutarvi a prendere le dovute misure prima dell'acquisto.

Di sicuro lo consiglio a chiunque sia interessato alla sperimentazione narrativa e alla crescita creativa del medium videogioco, dove il "gameplay" è un discorso di link e composizione di puzzle, e l'esperienza in generale è forse più vicina al cinematografico che al videoludico.

Detto ciò, aguzzate bene le orecchie (magistrale uso degli effetti sonori) e state attenti perché in diversi casi può sembrare di avere le avere le traveggole.

PS: Questa è l'impressione delle prime ore, ovviamente mi riservo il diritto di aggiornare questa recensione più avanti.

Aggiornamento

Sono arrivato a quello che immagino sia uno dei possibili finali, sono sconvolto e posso dire che è la prima volta che mi sono spaventato in un videogioco (ci era andato vicino giusto Silent Hill 2 in qualche scena, ma qui siamo decisamente oltre)

Una volta tanto credo che diventerò un completista: ci ho speso 10 ore in un giorno e mezzo e questo già dice tantissimo, mi divertirò un sacco a sviscerarlo.

Mi sento di ribadire che non è un gioco per tutti i palati, che non capire esattamente quello che si deve fare e come farlo è parte integrante dell'esperienza, quindi se non si entra in quell'ottica difficilmente lo si potrà apprezzare a dovere.

In ogni modo, un gioco fatto da Dio. O dal Diavolo, a voi la sentenza.

Se l'avete finito, qui ne parlo con tutti gli spoiler del caso

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